giulio@gabaldo.com

La capra non è una “vacca piccola”!

La Capra da Latte ad Alta Produzione (CLAP) è, tra i piccoli ruminanti, senza alcun dubbio quello che maggiormente è in grado di produrre la quantità di latte più alta per unità foraggera (UFL).

A seconda delle razze e del peso corporeo, possiede infatti un indice di conversione latte (ICL) variabile e inferiore solo alla produzione delle migliori Bovine da Latte ad Alta Produzione (BLAP). La CLAP (Capra da Latte ad Alta Produzione) differisce dalla vacca da latte per differenze di tipo:

a) Anatomico-fisiologiche

La capra infatti, in funzione al peso corporeo, ha:

  1. un rumine molto più piccolo ed in proporzione, un intestino molto più lungo;
  2. un maggior numero di papille ruminali, anche se più piccole;
  3. una maggiore adattabilità alle differenze climatico-ambientali;
  4. una maggiore velocità digestiva;
  5. una minore permanenza degli alimenti nei pre-stomaci e più patologie a carico degli stessi;
  6. una maggiore velocità di transito alimentare.

Questi fattori associati permettono alle capre di utilizzare e digerire, senza espellerle, granaglie intere come granella di mais, piselli, ceci, scarti di lenticchie, ecc.

b) Alimentari

con la possibilità di:

  1. utilizzare alimenti più grossolani e più poveri, con elevati tenori di lignina (ADL alta) come paglia, festuca, pascoli invecchiati, ecc.
  2. Possibilità di sfruttare terreni dirupati e incolti su scarpate, boscaglia cespugliosa, ecc.
  3. Qualità del latte.

Tra il latte di capra e quello bovino esistono differenze sensibili nella composizione del grasso. Le differenze sono molto più marcate, oltre che per la naturale micronizzazione del grasso, anche per la sua stessa composizione. Infatti, il grasso di vacca omogeneizzato naturalmente misura da 6 a 7 µm mentre quello di capra da 2 a 3 µm, oltre il 50% in meno! Con questi valori è evidente la differenza significativa legata alla maggiore digeribilità del latte di capra rispetto a quello bovino tanto da essere raccomandato/consigliato nell’alimentazione di bambini, anziani ed ammalati nonché in presenza di molti tipi di intolleranza alimentare.

Marcate sono pure le differenze fra le frazioni di caseina osservabili nel tipo di coagulo del latte di capra rispetto a quello vaccino: il primo coagula in 19 minuti contro i 35 del secondo, anche se la consistenza del coagulo è inferiore in quello vaccino.

Gli acidi grassi, componenti del grasso, differiscono nella lunghezza della catena (acidi grassi a catena corta) e nella saturazione del carbonio (acidi grassi insaturi). Il grasso del latte di capra ha normalmente il 35% di acidi grassi a media-corta catena MCT (C6-C14) e tre di loro sono chiamati Caproico (C6), caprilico (C8), caprico (C10). Questi grassi MCT, oltre a trasmettere al latte il loro caratteristico e particolare sapore, hanno un’azione unica e positiva che riguarda il mondo della medicina: producono infatti benefici effetti in molte malattie metaboliche degli esseri umani (Babayan, 1981) e, qualora esterificati, vengono impiegati nella cura di patologie enteriche di suini e volatili. La capra inoltre, tenuto conto delle dovute proporzioni, rispetto ad una vacca, incide positivamente sull’impatto ambientale con emissioni 5 volte inferiori di GHG (Green House Gas o Gas Serra).

Purtroppo, nonostante tutte queste considerazioni, è innegabile che l’allevamento caprino, almeno in Italia, non abbia avuto lo sviluppo che meritava. Personalmente credo che questo fenomeno sia imputabile ad una serie di pregiudizi storico-culturali il primo dei quali è senz’altro di tipo religioso. Infatti, a partire dall’XI secolo, nell’immaginario medievale il “maligno” è stato spesso identificato nell’iconografia con rappresentazioni mostruose che richiamavano gli attributi di un caprone (coda, orecchie, barba e zampe). La marginalizzazione dell’allevamento caprino, iniziata già nel medioevo-rinascimento continuando nell’Ottocento, è proseguita fino alla prima metà del Novecento e fu solo dopo la 2° guerra mondiale che avvenne una leggera ripresa degli allevamenti, seguita da un nuovo calo imputabile all’esodo rurale e all’affermazione del consumo di latte bovino fresco. Nell’età moderna, verso la fine del secolo scorso, l’allevamento della capra ha subito un’ulteriore crisi dovuta alla concorrenza dell’allevamento dei bovini da latte, senza contare che l’aumentata richiesta di legname per l’edilizia o per l’arredamento ha generato una certa forma di ostracismo alla capra verso i pascoli boschivi, confinandola in terreni incolti ricchi di boscaglie. Dagli anni 70’ si è avuta una ripresa dell’allevamento caprino (poco in Italia e molto di più in Francia e Spagna ed ultimamente in Olanda) con la nascita di allevamenti intensivi industriali per la produzione di latte e per la sua trasformazione. A svantaggio della diffusione della capra si potrebbero inoltre annoverare le carenze conoscitive delle tecniche di allevamento, del tipo di alimentazione più adatto nonché la situazione del mercato ancora poco ricettivo verso il latte ed i prodotti tra-sformati (formaggio, yogurt, latte aromatizzato per bambini o per neonati, ecc).

Per ciò che concerne l’allevamento della bovina da latte, è mia convinzione che la sua popolazione sia destinata ad una certa stasi nella crescita se non addirittura ad una recessione. In futuro è probabile che si potrà assistere al fenomeno di selezione e concentrazione delle mandrie con la scelta più o meno obbligata di destinare la produzione di latte prevalentemente o limitatamente alla sua trasformazione in formaggi o prodotti “tipici” locali. Una scelta che potrebbe condizionare negativamente i giovani potenziali allevatori nella scelta di questa attività. Infine non va sottovalutato che i cambiamenti climatici in essere potranno ridurre significativamente la disponibilità di foraggi di cui necessitano le bovine da latte, senza contare l’obbiettivo universalmente dichiarato di ridurre le emissioni di Gas Serra.

Allevamento “Il Carro” Putignano (BA)

Allevamento “Il Carro” Putignano (BA)

Potrà apparire anacronistico al giorno d’oggi, ma secondo il mio parere, il latte di capra potrebbe essere l’unico ad essere prodotto in futuro senza alcuna limitazione. Un indicatore per comprendere il probabile evolversi della situazione, è quello riferito ai dati relativi all’importazione di latte di capra biologico in polvere, una nuova tendenza del mercato Cinese. Rispetto alle tradizionali formule di latte in polvere, il latte di capra e il latte biologico che richiedono standard elevati in termini di provenienza, ingredienti e produzione, hanno registrato una rapida crescita negli ultimi due anni. Già a partire dal 2022, le piattaforme cinesi di vendita online hanno registrato un aumento significativo dell’attività anche con il latte di capra il cui consumo è in crescita. Inoltre anche a causa degli scandali che hanno coinvolto i loro marchi, i consumatori cinesi ritengono più affidabili i marchi stranieri. E’ auspicabile che anche questi segnali possano contribuire ad incoraggiare nuovi imprenditori verso l’allevamento di qualità della capra.
Si ringrazia Alessandra Melis, dell’Azienda agricola Salvatore Melis di Villasalto (SU), per la gentile concessione della foto di copertina.

Di Giulio Gabaldo|5 Dicembre 2024

Si può ridurre al minimo l’uso della soia nelle razioni dei ruminanti? Forse sì!

Questo è ciò che afferma il Dr. Giulio Gabaldo DVM, PhD di Villafranca di Verona. Com’è noto, le frazioni proteiche soprattutto nei ruminanti, vengono utilizzate a livello immunitario, enzimatico ed ormonale e svolgono un ruolo cruciale nella corretta crescita muscolare, nello sviluppo fetale, nella fertilità e soprattutto nella produzione di latte. Quasi tutti gli esperti di nutrizione animale ritengono che la fluttuazione dei prezzi della soia sia giustificata dall’aumento generale delle materie prime dovuto ai conflitti in corso o a condizioni meteorologiche avverse come la siccità o altri fattori di mercato. Pertanto, l’aumento del prezzo della soia viene accettato con la convinzione o la speranza che prima o poi diminuirà. Purtroppo, nel caso della soia, il prezzo tende a restare fluttuante poiché il competitor, oltre ad altre specie animali come volatili e suini, è anche il mercato degli alimenti destinati al consumo umano e sappiamo bene che questo tipo di mercato è in grado di sostenere un costo molto più elevato rispetto a quello dell’allevamento del bestiame.

L’uso dell’urea nell’alimentazione dei ruminanti adulti è abbastanza diffuso negli allevamenti, proprio per la sua capacità di influenzare positivamente la popolazione microbica con la produzione di proteine microbiche. Esiste però un’importante limitazione relativa alle quantità somministrabili: dosi superiori a 100/150 g/capo/giorno sono considerate pericolose e come limite estremo di tossicità. Infatti, il processo di idrolizzazione dell’urea che libera ammonio (non tossico) e ammoniaca (tossica), avviene in modo molto rapido tanto che l’eccessiva produzione di ammoniaca non riesce ad essere smaltita attraverso il fegato e riciclata dalla saliva, soprattutto se utilizzata per un lungo tempo.

Il Dr. Giulio Gabaldo, Medico Veterinario, è specialista nello sviluppo di nuove tecnologie nel campo della nutrizione animale ed opera da oltre cinquant’anni in Italia, in gran parte d’Europa e talvolta nel continente latino-americano come Esperto di Patologie e Tecnologie della Nutrizione Animale. Come Nutrizionista ha operato direttamente nelle aziende agricole e nel settore zootecnico (mangimi, premiscele e prodotti farmaceutici, ecc.), progettando nuove soluzioni tecnologiche naturali. In qualità di specialista nel settore dei ruminanti, sembra abbia trovato una soluzione.

La sua strategia nasce dall’osservazione e dallo studio del lento meccanismo di demolizione metabolica dell’urea che avviene nel terreno, con l’obbiettivo di replicarlo a livello ruminale nei ruminanti attraverso un processo termo-microbiologico.

Nello specifico, il suo ultimo e recente lavoro consiste nella realizzazione del processo BREVETTATO denominato PROTI-NAT® PROCESS (Brevetto IT – N. 102022000014 – Brevetto Internazionale PCT/IB2023/056515 – (DISPONIBILE PER LA VENDITA) il quale, rallentando il processo di idrolizzazione, permette di ottenere un prodotto che racchiude tutti valori dell’urea agricola (46% NPN), senza che il suo utilizzo causi effetti avversi negli animali trattati.

Questo prodotto che tra l’altro permette di affrancarsi dalle fluttuazioni del prezzo della soia, contiene urea a rilascio lento e a bassa tossicità.

L’obiettivo di questa straordinaria e rivoluzionaria innovazione è quello di ottenere proteine essenziali per la crescita degli animali, prodotte dalla frazione ammoniacale nel rumine utilizzando urea agricola al 46% di NPN opportunamente trattata con il metodo Proti-NAT® Process, offrendo così la possibilità di ridurre di molto l’impiego della soia dalla razione dei ruminanti. Altra importante considerazione, è la lenta solubilità (idrolisi) dell’urea trattata che nella dieta permette la degradazione nel rumine anche di foraggi grossolani poveri, paglierini, di bassa qualità e/o legnosi, e di “agganciare” l’azoto prodotto dall’urea stessa ai carboidrati complessi.

Altro importante risultato derivato dall’utilizzo dell’urea trattata con il metodo PROTI-NAT® Process consiste nella maggiore efficienza proteica e nella riduzione delle emissioni di gas serra (GHG) almeno del 20÷30% (ultimi studi americani sull’utilizzo dell’urea). Per validare i risultati ottenuti con l’utilizzo dell’urea trattata con il metodo Proti-NAT® Process, sono state effettuate sperimentazioni scientifiche in collaborazione con l’Università di Parma e prove zootecniche presso allevamenti. I risultati saranno oggetto di una futura pubblicazione.

Di Giulio Gabaldo|11 Novembre 2024

Esteri di acidi organici MCFA(butirrico, caprilico, caprico, propionico laurico) a corta e media catena MCFA (medium chain fatty acids) esterificati con glicerolo in nutrizione animale.

La sfida zootecnica dei prossimi anni che influenzerà la salute e la produttività nel settore degli allevamenti industriali, sarà poter controllare lo stress ossidativo degli animali d’allevamento  associando nello stesso momento prodotti alternativi all’uso di antibiotici ( antibiotic-free) in modo da contenere le principali problematiche dall’apparato digerente mediante l’impiego di prodotti naturali  e l’impiego di fitoderivati al grado di purezza e concentrazione endocellulare ottenuti “meccanicamente” senza l’impiego di “contaminanti chimici” come i solventi con  ricadute sulla salute degli animali, dell’ambiente e delle persone associando tra loro polifenoli, bioflavonoidi, lavorati di piante officinali ad azione antinfiammatoria e medicamentosa, MCFA ( acidi grassi a media e corta catena esterificati con glicerolo) associati a dei controllori e stimolatori del microbioma del digerente come i pre-postbiotici  (Dr. Giulio Gabaldo  – 2018)

Meccanismo d’azione battericida deGLI MCFA

(by Ward Dean, MD and Jim English – 2013)

L’azione antibatterica dell’acido dipende dal variare del pH in generale. A bassi valori di pH aumentano la concentrazione degli MCFA. Gli MCFA (<C4) per entrare nella cellula batterica hanno bisogno di essere nello stato indissociato. Dopo l’entrata nella cellula, l’alto valore di pH intracellulare comporta la loro dissociazione. L’abbassamento del pH interno sconvolge poi il normale metabolismo (Ricke, 2003).  Quando invece il pH si alza,  perde totalmente questa capacità. Di conseguenza l’azione antibatterica si esprime solo se l’MCFA resta non dissociato cioè in un ambiente <4,5. Quando il pH si alza ± 7, (seconda parte dell’intestino) gli MCFA perdono questa capacità e per entrare necessitano dell’azione delle aguaporine che sono delle proteine intrinseche  che si trovano nella parete della membrana cellulare e che consentono il flusso dell’acqua in senso bidirezionale. Sono state identificate due famiglie di acquaporine:
a) Acquaporine specifiche: consentono solo il trasporto dell’acqua. Il canale è infatti costituito esclusivamente da aminoacidi, i quali legano solo molecole d’acqua mentre altri ioni e molecole non passano attraverso questo canale.
b) Acquagliceroporine: anche queste consentono il passaggio dell’acqua, ma a differenza delle precedenti, consentono il passaggio di glicerolo e di altre molecole neutre ad esso collegate.

Composizione chimica degli Esteri MCFA  esterificati con glicerolo  ( by  SILO – SpA- FI)

1) Gli MCFA non esterificati possono avere un’azione antinfiammatoria ed anti-batterica solo nel 1° tratto dell’intestino (tenue n° 2) dove il pH è ancora basso  ( ± 4 ). Dopo di che, con il bilanciamento   del pH da parte della bile a pH ± 7,  diventano inattivi. Aumentando i dosaggi, si provoca inappetenza ed un’azione corrosiva sulla parete intestinale.

 

2) Gli MCFA esterificati con il glicerolo, avendo un legame covalente stabile possono “scendere” nella parte inferiore dell’intestino (grasso n° 3  e 4) in forma inalterata e per mezzo del meccanismo delle aquagliceroporine possono “agganciare” i germi patogeni (impiegando il glicerolo come “carrier di trasporto”)

Conclusioni
: mediante l’impiego di esterificati con il glicerolo di MCFA si ottiene un’efficace azione antibatterica senza l’uso di antibiotici ( antibiotic free) sulle principali famiglie patogene intestinali di suin,avicoli, cavalli, ecc (Coli, Clostridi, Salmonelle, Brachispira, Rhodococcus , ecc.) ottenendo contemporaneamente un’azione antinfiammatoria senza nuocere alla popolazione lattica positiva dell’intestino

 

 

 

21 febbraio 2020 – Tavola Rotonda Esperienza innovativa nella nutrizione di bovine da latte del comprensorio Parmigiano Reggiano

21 febbraio 2020 – Tavola Rotonda Esperienza innovativa nella nutrizione di bovine da latte del comprensorio Parmigiano Reggiano

Tavola rotonda
PARMA venerdì 21 FEBBRAIO 2020, ore 14,00
presso DIPARTIMENTO DI SCIENZE MEDICO VETERINARIE, Strada del taglio n.8 , Parma

Temi trattati:

  • Impiego di un prodotto a base di Acidi Grassi Polinsaturi Omega 3, associati a e Retinoidi/Corotenoidi di origine
    naturale nelle bovine da latte
  • Aspetti clinico metabolici dei Vitameri Retinoidi / Carotenoidi ed antiossidanti
  • Risultati pratici di filiera, aspetti dei nutraceutici ( materiali e metodi risultati di analitici di latte e formaggi
    a lunga conservazione )
  • Latte e derivati ( formaggi a lunga stagionatura ), prove di campo

Scarica locandina
Filmato dell’evento in italiano
Filmato dell’evento in spagnolo
Filmato dell’evento in francese
Filmato dell’evento in inglese

Un problema “subdolo”  e “costoso”: Coccidiosi e Cryptosporidiosi nei vitelli, bufaletti, agnelli e capretti da ristallo

Un problema “subdolo” e “costoso”: Coccidiosi e Cryptosporidiosi nei vitelli, bufaletti, agnelli e capretti da ristallo

Nei ruminanti in fase di svezzamenti (vitelli, agnelli, capretti e bufaletti),  la diarrea è considerata  uno dei problemi più importanti che incide sul tasso di mortalità di un allevamento. Tra le primarie cause troviamo, in fase di svezzamento e post- svezzamento , la coccidiosi ( Emeria ) e la criptosporidiosi ( spore occulte ) le cui forme principali appartengono in genere a Cryptosporidium spp.

Le “oocisti” una volta assunte per via orale dai giovani animali ( acqua, foraggi e/o alimenti contaminati ) si liberano immediatamente  nell’intestino attaccando il villo intestinale dove possono persistere anche per due mesi. Mentre la criptosporidiosi può comparire anche nei primi giorni di vita ( per contaminazione della madre ). La coccidiosi generalmente colpisce durante lo svezzamento  ovvero nel momento di passaggio tra l’alimentazione “ lattea” e quella “vegetale”.

( by – Management of the Scouring Calf For Irish Farmers, Advisors, Vets -TECHNICAL WORKING GROUP –  Doblin 2011 )

Criptosporidiosi

 Le  spore ( oocisti ) dei criptosporidi, una volta assunte per via orale dai vitelli, ( acqua, ambiente,  foraggi ) diventano attive.

Ne bastano molto poche per liberare gli sporozoiti che colonizzano le cellule epiteliali che rivestono i villi intestinali per poi manifestare  la malattia. 

La contaminazione avviene per via orale o da acqua , dagli alimenti o da un ambiente contaminato dove possono persistere da  2 fino a 6 mesi.   La criptosporidiosi si può manifestare anche al 3°-5° giorno di vita  ma la maggior parte si ha a 2 settimane d’età. È una patologia molto contagiosa che si  manifesta con diarrea, anoressia e disidratazione anche se raramente porta la morte del vitello, sempre ché  non intervengano infezioni di origine secondaria ( coli, etc…e/o virali). Il decorso va dai 4 ai 18 giorni e a seconda di quanto e come i villi dell’intestino vengono colpiti, cambierà l’aspetto della “ diarrea “ ( chiara, scura, etc…). L’andamento è fortemente condizionato  dallo stato del sistema immunitario così come il decorso. L’espulsione delle oocisti avviene attraverso le feci  già al 16° giorno di vita.  

La principale   forma   di  profilassi è

  1. l’igiene dell’ambiente, ossia  impedire che il vitello assuma le oocisti
  2. un sistema immunitario adeguato a seguito di una corretta assunzione di colostro di buona qualità (NUTRICOL IGG>18%)

 

Coccidiosi

 L’infezione avviene normalmente per via orale ( oro-fecale )  e si diffonde con le oocisti mature. La trasmissione avviene direttamente o attraverso gli alimenti i foraggi e/o l’acqua.

L’organismo riproduce nell’intestino dell’ospite migliaia di oocisti che vanno a contaminare l’ambiente attraverso le feci.

In adeguate condizioni come temperatura, umidità e ossigeno, le oocisti maturano all’interno del vitello tra 3 e 7 gg e diventano in grado di infettare l’animale.

Ogni oocisti matura contiene otto “ sporozoiti”, ciascuno dei quali è in grado di entrare in una cellula intestinale dell’animale dopo l’ingestione oocisti e così via. Il 70 % circa avviene nell’intestino tenue, dove avvengono i danni maggiori ai villi intestinali.

Le conseguenze normali includono: una perdita della superficie di assorbimento durante l’intestino tenue e una ridotta capacità di assorbire nutrienti necessari.

Nei vitelli in crescita la coccidiosi ha un forte impatto negativo sulle future performance produttive delle bovine, bufale, capre e pecore da latte.

In tutte le specie e nella maggioranza dei casi si evidenzia solo feci liquide  e perdita di peso. Le infezioni subcliniche, infatti, sono le più costose poiché i giovani animali in crescita ( vitelle, bufalette, caprette ed agnelle ) non sfruttano il “ picco di crescita” nel momento di maggior necessità ovvero nel post svezzamento.  

 

Protocollo di prevenzione differenziale

Patogie protozoarie Criptosporidiosi Coccidiosi
Agente Cryptosporidium spp Eimeria bovis e Eimeria zuernii, etc.
Incubazione Tendenzialmente prima di 1 mese (5-15 gg) Fine svezzamento ed inizio alimentazione  vegetale
Prime manifestazioni 3-5 gg dopo ingestione oocisti Durante il periodo di svezzamento
Prima diarrea e/o feci liquide 4-5 gg dopo ingestione oocisti
Terapie Prodotti sintomatici ( reidratanti e dietetici ) Somministrare  concentrati e/o supplementi alimentari con “anticoccidici” nella fase di svezzamento
Norme di prevenzione

1) Impiego di colostro  “potenzialmente efficace” o potenziare il colostro della madre (Banca del colostro aziendale)

2) Pulizia completa e radicale degli ambienti e attrezzatura per l’alimentazione dei giovani animali

3) Massimo isolamento dei soggetti  colpiti che vanno comunque alimentati per ultimi

4) Registrazione degli animali colpiti

1) Igiene e pulizia di ambienti  ed attrezzatura per l’alimentazione dei giovani soggetti

2) Impiego di alimenti “ idonei e di buona qualità” come ad esempio i cereali  per lo svezzamento  dei giovani soggetti  ( granella intera di mais e/o schiacciato di orzo)  fieno di graminacee di “ ottima”  qualità il meno contaminati da terra possibile

3) Se  si è a rischio( in pratica lo sono quasi tutti gli allevamenti )  somministrare prodotti  ad azione

 “ coccidiostatica”  o con mangimi medicati  ( con prescrizione veterinaria )  e/o attraverso prodotti fitoterapici  specifici  all’inizio della fase di svezzamento per circa 1 mese (es: Alicox granulé )

Disinfezione Solarizzazione ed aereazione  ed in più  disinfettare con prodotti  disinfettanti a forte azione perossidante ( Acqua ossigenata  al 7,5% ) e/o Cloramina T 99%  al 0,5% e/o Creolina 0,5 – 1%  

 

Prodotto per allevatori

 

 

Premiscela industriale